Riflessioni.

Autrice: Marvi Maroni (Redattrice de “Il Brogliaccio”).

Avere diciotto anni è una fortuna. Averli avuti nel ’68 è stata la fortuna della vita. Anni felici e pieni di speranza, anni in cui colti da delirio di onnipotenza, il mondo ci sembrava inequivocabilmente nostro. Siamo cresciuti in un contesto dicotomico, da un lato l’Italietta che cercava di uscire dal fascismo dall’altra la globalizzazione che si affacciava dagli schermi delle TV. Un’Italia piccolo borghese che si confrontava con i grandi eventi mondiali: JFK e la sua tragica morte, Krusciov e le scarpe sbattere sugli scanni dell’ONU…

Tempi eroici e pieni di ideali di giustizia e libertà. Lo so che fa ridere, ma quando sento il famoso discorso di Martin Luter King, io piango ancora a lacrimoni. Per dire dell’effetto profondo che ebbe sulla mia giovanissima coscienza. Ma il personaggio che ha chiuso definitivamente il medioevo fu Papa Giovanni XXlll. Il Concilio Ecumenico Vaticano ll è uno straordinario esempio di modernità, non ancora del tutto compreso.

Fu questa apertura che indirettamente diede il via all’esperienza de Il Brogliaccio e in qualche modo la chiuse. Entrati cattolici nel gruppo, ne siamo usciti per militare nelle file della sinistra. Spesso mi chiedo quanto un’istituzione può cambiare senza diventare, altro, senza distruggersi? Sono stata una bella bambina, di quelle che si esibiscono all’ora del tè per le amiche della mamma, recitando poesie. La mia famiglia non avrebbe mai immaginato che sarei diventata un’adolescente ribelle e “sinistra”. Erano tutti democristiani e mio nonno era stato iscritto al partito liberale. L’amore incondizionato dei miei genitori fu messo a dura prova. Perché il ’68 fu prima di tutto la contestazione della famiglia. Famiglia il cui intento pedagogico principale era quello di portare le figlie vergini al matrimonio. Poi la contestazione si allargò alla scuola fino a diventare “contestazione globale”.

Fu in questo contesto che un bel giorno un gruppo di primi della classe degli istituti superiori anconetani si riunisce in una soffitta del palazzo della Curia per scrivere un giornalino. Nonostante le personalità forti e molto definite per l’età, non ricordo né uno screzio né un litigio. Eravamo talmente affaccendati da non averne il tempo. Ecco, quello che ricordo con chiarezza è la frenesia di quegli anni, passavamo da un’occupazione a una conferenza, per infilarci in un cinema che terminava con lunghissimi dibattiti. Parlavamo, parlavamo tanto, parlavamo tutti. C’era un’atmosfera carica, ma allegra e festaiola…i girotondi davanti al Comune, i cortei per Corso Garibaldi, gli anni di piombo sembravano molto lontani e invece erano dietro l’angolo La svolta tragica fu determinata dalla strage di piazza Fontana, che segna un prima e un dopo nelle vicende del ’68. Il Movimento studentesco, che era un’amalgama di ragazzi dalle idee più diverse ( i cattolici, quelli di sinistra e quelli con le idee più strane e fantasiose , tipo gli anarchici di destra…) si scinde e si polverizza in mille filoni con sigle diverse, fino a sparire. Si dissolve anche l’atmosfera festaiola e la voglia di giocare. A suon di ciclostile e comunicati, siamo diventati “grandi, ci siamo laureati e abbiamo trovato rapidamente un posto di lavoro.

La nostra adolescenza si chiude qui, ma noi siamo restati curiosi e anticonformisti, sempre disposti a relazionarci con le persone e con gli eventi. Crediamo ancora che un giorno qualcuno costruirà un mondo migliore. Se mi guardo intorno so che abbiamo perso, ma ne è valsa comunque la pena perché abbiamo attraversato una storia che ci ha reso quello che siamo: vecchi ancora vivi e forti, capaci di rimettersi insieme come cinquant’anni fa e costruire qualcosa per la nostra città.

 

 

 

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