Lotte operaie e Movimento studentesco nel 1968/69 ad Ancona.

Autori : Nino Lucantoni e Roberto Pagetta.

Premessa

La descrizione di quanto accaduto ad Ancona in quegli anni è già stata effettuata in occasione della mostra allestita dall’Istituto Gramsci Marche alla Mole Vanvitelliana di Ancona dal 25 giugno al 25 luglio del 2009, e successivamente con la pubblicazione del corrispondente catalogo[1], comprendente numerosi saggi, più di cinquanta testimonianze, una dettagliata cronologia e una ricca documentazione fotografica.

Rinviando a tale documentazione per la necessaria conoscenza degli avvenimenti, intendiamo limitarci pertanto a ricordare alcuni episodi insieme a brevi considerazioni.

Le lotte operaie

Con qualche cognizione di causa si può sostenere che nel 1968 ad Ancona non avvenne nulla di particolarmente eclatante, almeno rispetto alla notorietà che la città dorica si conquistò prima e dopo l’inutile strage del 1915-1918 (la settimana rossa nel 1914, i moti per il caro vita nel 1919, la rivolta dei bersaglieri del 1920).

Ci fu tuttavia un sommovimento profondo, che sconvolse un po’ tutto, che veniva da lontano, da un crescente disagio di larga parte della gioventù sia nelle fabbriche che nelle aule delle scuole e delle Università, e da un disagio ancora più profondo di lavoratori stanchi di tante ingiustizie.

Guardando oltre i confini nazionali, non bisogna dimenticare che in quel periodo era in atto la cosiddetta “rivoluzione culturale” cinese, Che Guevara era stato brutalmente ucciso, continuava la sporca guerra Usa nel Vietnam, la rivolta del “maggio” francese scuoteva l’Europa intera, l’Unione sovietica aveva represso la Primavera di Praga, i ghetti neri in rivolta nelle città statunitensi, gli omicidi di Martin Luther King e di Robert Kennedy. In Italia da tempo il centro-sinistra aveva concluso il ciclo riformatore.

Ad Ancona, nel suo piccolo, accadde un po’ di tutto: la rivolta operaia, quella studentesca e universitaria, il dissenso cattolico con il ruolo dirompente della Fim-Cisl prima e delle Acli e di qualche comunità parrocchiale poi, il movimento delle donne, la proliferazione dei “gruppetti” extraparlamentari, la polemica e il confronto con il Pci, l’aggressività violenta della destra missina, un’attenzione nuova e contraddittoria dei partiti alle questioni sociali, il proliferare di circoli culturali, di giornali locali che provocarono un dibattito politico-culturale vivace, di scontro e di confronto.

Gli episodi di violenza furono marginali, sempre frutto delle provocazioni della destra e di qualche intemperanza della polizia. Non ci furono incidenti rilevanti, anche per una scelta precisa del Pci: non isolare gli studenti anche quando assumevano posizioni duramente polemiche, facilitare il rapporto con i lavoratori, difendere sempre e comunque la legalità costituzionale e dunque l’antifascismo.

Alla base delle lotte operaie stava l’insostenibilità delle condizioni economiche, la persistenza dei bassi salari. Si scende in lotta anche per difendere il posto di lavoro. Il punto di riferimento è il contratto dei metalmeccanici firmato nel 1966. Gli aumenti salariali sono stati irrisori e hanno creato scontento, però il contratto contiene una clausola nuova: il diritto di contrattazione in fabbrica. E’ dalla fabbrica che nascono le vertenze del 67/68.

Se la vertenza della Maraldi sembrava disperata (vinta comunque grazie alla caparbietà dei lavoratori e dalla solidarietà generale manifestata, tra i primi, dall’Arcivescovo Tinivella), quella del Cantiere Navale assume immediatamente i connotati di una lotta innovativa. Nell’estate del 1968 gli arsenalotti furono protagonisti dello scontro più duro. Mentre si susseguivano le manifestazioni e i cortei in città, la Direzione della Piaggio proclamò la “serrata” aziendale. Il giorno dopo, mercoledì 17 luglio, l’assemblea dei lavoratori riuniti davanti ai Cantieri decide di “occupare la città”. La città si ferma: blocchi operai chiudono Via 29 Settembre, la Galleria del Risorgimento, gli altri accessi alla città. L’Unione Commercianti proclama lo sciopero di solidarietà. I filovieri dell’Atma, i dipendenti del Gas, gli altri lavoratori delle fabbriche in città proclamano di essere pronti ad entrare in sciopero. Il Prefetto non sa che fare. La segreteria nazionale della CGIL e i parlamentari (del PCI in primo luogo) investono il Governo affinché sia revocata la serrata. I lavoratori del Cantiere di Riva Trigoso di La Spezia scioperano per due ore in solidarietà con Ancona. Monsignor Tinivella esprime la propria solidarietà.

Il giorno in cui la città è in mano ai lavoratori regna un ordine inconsueto. Il direttore dei Cantieri non partecipa alle riunioni in Prefettura, il gruppo Piaggio è isolato e non può che cedere e così è. Il giorno dopo l’accordo aziendale viene firmato. Vengono accolte praticamente tutte le richieste dei lavoratori.

Il Movimento studentesco

La formazione del Movimento Studentesco della Facoltà di Economia e Commercio di Ancona (sede distaccata dell’Università degli Studi di Urbino) trova un impulso decisivo nell’elaborazione e nel confronto avviati sin dal novembre 1967 nel Collegio Universitario di Studi economici “Luigi Einaudi”, a partire dalle esperienze di altre sedi universitarie, come il Politecnico di Torino.

Mentre la discussione sui contenuti della riforma universitaria consentiva di precisare le proposte sull’organizzazione della Facoltà e sull’ordinamento didattico, una questione preliminare riguardava la capacità di partecipare ai processi decisionali nell’ambito della Facoltà e dell’ Università e il funzionamento degli organismi sino ad allora utilizzati per favorire tale partecipazione.

L’obiettivo che il nascente Movimento Studentesco si poneva era proprio quello di attribuire un potere deliberativo alle Assemblee di Facoltà, con decisioni vincolanti nei confronti dei rappresentanti eletti nei Segretariati di Facoltà.

Tale questione veniva posta all’ordine del giorno dell’Assemblea generale degli studenti convocata nell’Aula Magna del Palazzo degli Anziani nella mattinata di Mercoledì 14 febbraio 1968. L’Assemblea si concluse con l’abbandono dei rappresentanti contrari al potere deliberativo dell’Assemblea. Nel pomeriggio venne così costituito il “Comitato 14 febbraio”, che si fece carico della gestione delle diverse iniziative promosse dal Movimento Studentesco, tra cui la costituzione delle commissioni di lavoro, la successiva occupazione della Facoltà per una settimana e la definizione di una Carta rivendicativa.

Dopo l’assemblea del 14 febbraio le lezioni sono praticamente sospese. Nell’ambito di altre Assemblee si procede alla costituzione di tre commissioni di lavoro:

– Abolizione degli esami e lavoro di gruppo

– Studenti – lavoratori e diritto allo studio

– Rapporti studenti-professori e piano di azione nella facoltà di Ancona.

Una quarta commissione, costituita successivamente, avrebbe trattato i problemi della rappresentanza studentesca.

L’Assemblea del 6 marzo 1968, convocata per discutere i primi risultati del lavoro delle Commissioni, si conclude con la decisione di proseguire il lavoro nella facoltà occupata. A favore di questa ipotesi vengono raccolte 139 firme di adesione.

Dal 6 all’11 marzo 1968 la facoltà di economia di Ancona viene occupata. La facoltà di Ancona è l’unica facoltà di Economia e Commercio in Italia ad essere interessata dall’occupazione, che riguardava generalmente altri tipi di facoltà (Lettere, Architettura ecc.).

Il Movimento studentesco della facoltà di Ancona si fa parte attiva nel confronto che si sviluppa nella stessa città di Ancona, coinvolgendo gli studenti medi e i lavoratori (a partire dal Cantiere Navale e dai Lavoratori Portuali). Un certo sostegno era assicurato anche dalle organizzazioni sindacali e dai partiti della sinistra della città.

L’11 marzo 1968 l’occupazione di Palazzo degli Anziani si conclude con l’approvazione di una CARTA RIVENDICATIVA per l’anno accademico 1967/68

Dopo l’interruzione estiva, la ripresa si concentra sulla sperimentazione della nuova didattica, che contempla la divisione del corso di studi in due bienni e lo svolgimento di un corso di orientamento.

Con l’inizio dell’anno accademico 1968/69 partiva la riforma approvata dal Consiglio di Facoltà. La riforma era oggetto di valutazioni contrastanti rese esplicite nell’ incontro del 7 novembre, organizzato dal Preside Fuà. Il 9 novembre l’Assemblea degli studenti richiedeva orari di apertura della Biblioteca, che comprendessero anche le ore serali (dalle 21 alle 23) per favorire gli studenti-lavoratori.

Il rilancio del movimento studentesco, chiamato a decidere l’atteggiamento da assumere nei confronti della riforma del piano di studi e il collegamento con le lotte degli studenti medi, si evidenziava nello svolgimento dell’Assemblea degli studenti-lavoratori e fuori sede del 30 novembre 1968. L’Assemblea (più di cento partecipanti) si concludeva con l’approvazione di un documento che comprendeva le seguenti richieste: la possibilità per tutti gli studenti lavoratori e fuori sede di poter sostenere gli esami nelle identiche condizioni degli studenti frequentanti mediante la formazione di gruppi di studio e l’istituzione di centri di insegnamento locali, sessioni straordinarie di esami mensili o almeno bimestrali per gli studenti fuori corso.

A febbraio 1969 scioperavano gli assistenti e i professori per la statizzazione. Gli studenti formavano diverse commissioni (regolamento assemblea, richieste primo e secondo biennio). Dopo l’ assemblea generale del 4 febbraio dei gruppi del II biennio, l’ Assemblea generale degli studenti del 12 febbraio 1969 approvava un documento che formulava precise richieste al Consiglio di facoltà e definiva un regolamento per l’assemblea generale dei gruppi di studio del II biennio.

L’Assemblea generale veniva riconvocata il 19/2/69 e si concludeva con la decisione di occupare la Facoltà: voti favorevoli 230 – voti contrari 20. Firme di adesione all’occupazione: 222. Si decideva di permettere ugualmente lo svolgimento della seduta di laurea del 25 febbraio. Dal 19 febbraio al 5 marzo 1969 la facoltà veniva occupata per la seconda volta.

Il 4 marzo 1969 il Procuratore della Repubblica aveva convocato il Preside Giorgio Fuà e lo aveva informato della decisione di sgomberare la Facoltà. Il Preside informava subito gli studenti, che decidevano di abbandonare l’edificio nel corso della notte diffondendo tuttavia la voce di un’estrema resistenza da parte di due convittori del Collegio Einaudi.

Il 5 marzo 1969 la polizia interveniva con grande schieramento di forze ed entrava nella Facoltà dopo aver inutilmente invitato gli ultimi due presunti occupanti ad uscire dal Palazzo degli Anziani. All’interno del Palazzo trovava solo documenti inutilizzabili ed indicazioni goliardiche.

La particolarità del Movimento Studentesco della Facoltà di Economia e Commercio di Ancona, rispetto ad altre esperienze nazionali, può essere senz’altro ravvisata nel comune impegno (al di là della diversità dei ruoli) delle diverse componenti e nel positivo raccordo con l’ambiente politico cittadino e con le diverse realtà del mondo del lavoro.

Condannando l’intervento poliziesco, il 5 marzo 1969 gli assistenti, i borsisti e i collaboratori didattici della Facoltà decidevano l’astensione a tempo indeterminato da ogni attività didattica ed approvavano all’unanimità un documento nel quale veniva ribadita la decisa contrarietà ad ogni rapporto autoritario tra docenti e discenti nonché alla sopravvivenza nella facoltà di uno studio finalizzato a funzioni subalterne.

In una mozione approvata nell’assemblea del 18-19 marzo 1969 gli assistenti, i borsisti, i ricercatori e i collaboratori didattici riaffermavano la loro posizione sulle innovazioni da introdurre nell’organizzazione e nella didattica. Si esprimevano criticamente sull’accordo raggiunto tra i partiti di governo sul testo di riforma universitaria. Affermavano il principio di autotutela nei confronti dell’intervento repressivo della polizia, chiedendo un pronunciamento del Consiglio di Facoltà ritenendo incompatibile con tale principio il fatto che il Consiglio si fosse riunito in seduta segreta il 18 marzo per discutere la risposta da dare alle richieste intimidatorie della polizia di conoscere le generalità degli studenti occupanti.

Qualche valutazione

Nel ripercorrere le vicende che hanno caratterizzato il movimento del sessantotto ad Ancona, la prima considerazione non può non riguardare la vastità e la profondità di un impegno di elaborazione, che ha interessato non solo il ristretto ambito universitario (dalla didattica alla ricerca, all’organizzazione) ma anche questioni più generali dell’iniziativa politica e della partecipazione democratica.

La generalizzazione, che inavvertitamente si opera trattando di tale periodo, non rende giustizia delle specificità rilevabili non solo a livello territoriale ma anche nelle singole realtà nell’ambito di un territorio, che hanno condotto alla contemporanea sovrapposizione di movimenti diversamente caratterizzati e al succedersi nel tempo di esperienze profondamente diverse. Per questo, come ho avuto modo di osservare anche in altre occasioni, sarebbe più corretto parlare del Sessantotto al plurale, distinguendo i diversi “sessantotto”, che hanno consentito di concretizzare e di mettere positivamente a frutto le spinte al rinnovamento provenienti non solo dagli studenti, ma anche dai docenti, dagli assistenti, dai ricercatori e da altre componenti esterne all’Università. Solo in questo modo, d’altra parte, si può leggere storicamente una fase che ha contribuito a modificare profondamente l’Università e la società italiana.

La seconda considerazione riguarda la rilevanza di un contesto ambientale favorevole e comunque disponibile ad accogliere e a sostenere le rivendicazioni e le iniziative del Movimento Studentesco della Facoltà di Economia e Commercio. Ciò è senz’altro verificabile nei fatti e negli eventi succedutisi nella città di Ancona ed ha certamente influito sul modo di proporsi di un Movimento che non ha conosciuto degenerazioni e sviluppi pericolosi verso il terrorismo. La solidità del tessuto democratico, partecipativo ed associativo nella città di Ancona ha d’altra parte anche consentito di difendere il Movimento dagli attacchi dell’estremismo di destra, rimasti a livello di singoli episodi, il più grave dei quali è stato il lancio e l’esplosione di una bomba carta (fortunatamente senza rilevanti conseguenze) mentre era in corso un confronto con i docenti all’interno della Facoltà.

La terza considerazione concerne la difficoltà che si incontra oggi nel descrivere la situazione dell’Università prima del formarsi del Movimento Studentesco e del prorompere delle sue rivendicazioni. Lo sviluppo e l’affinamento degli strumenti di partecipazione nell’Università, e più in generale nelle istituzioni scolastiche, intervenuti negli anni successivi rendono quasi impossibile la descrizione di una situazione così arretrata da sembrare per certi versi incredibile. Ma è proprio da tale situazione che sono scaturite concrete rivendicazioni che in quel periodo si scontravano con illogiche ed improduttive rigidità. Basti guardare, in proposito, alle proposte avanzate dagli studenti-lavoratori e fuori sede della Facoltà di Economia e Commercio di Ancona (come ad esempio la richiesta di apertura della biblioteca nelle ore serali).

[1] Istituto Gramsci Marche, Ancona e dintorni nel biennio 1968/69, catalogo a cura di Patrizia Gabbanelli, Nino Lucantoni, Emanuele Mobili, Affinità Elettive, luglio 2009, pagine 275..

 

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