La solitudine di ognuno.

Autrice: Marvi Maroni.

Ci sono malattie che hanno caratterizzato intere epoche. Alle volte, stranamente, erano in contrasto con la civiltà di un certo tempo. Non intendo qui parlare di malattie fisiologiche ma di malattie dello spirito. Ad esempio l’illuminismo fu luce per pochi in un’epoca di grande ignoranza. Le famose epoche d’oro, rinascimentali (un po’ per tutta Europa) furono epoche di ferro arrugginito per le masse.

La malattia che caratterizza questa nostra dinamicissima epoca, quest’epoca di grandi spostamenti e scambi pare sia, strano a dirsi, la SOLITUDINE

Forse vi parrà davvero assurdo l’affermarlo ma prendete in mano i rotocalchi, guardate i films, leggete i romanzi o assistete ai drammi degli autori contemporanei e ve ne accorgerete.

« Gli uomini sono diventati sempre più dei solitari » scrive uno psichiatra. E il dr. Tournier attribuisce questa solitudine anzitutto ad un’errata impostazione dei metodi educativi e alla evoluzione della nostra società.

Nel passato l’uomo apparteneva a un ambiente: la famiglia, l’indissolubilità dei matrimonio e il rispetto dei figli verso i genitori imposti dalla tradizione, l’affiatamento che regnava nella bottega dell’artigiano, l’omogeneità della corporazione, la coesione della città e soprattutto la comunanza di fede e di principi morali, sociali e spirituali che la chiesa attuava, offrivano uno sfondo per la vita individuale. Non che l’uomo fosse migliore di adesso.

Ma un complesso di convinzioni comuni lo legava alla società di cui faceva parte. Oggi, invece sperduto ed anonimo nella grande città, e nella grande azienda, sballottato fra le teorie più contraddittorie,

abbandonato alle esperienze morali più pericolose, costretto a crearsi una sua filosofia personale senza avere i mezzi culturali, abbagliato da una forma di divulgazione scientifica che gli procura più illusioni che cognizioni profonde, l’uomo è in preda a uno smarrimento che non ha mai conosciuto attraverso i secoli e SI SENTE SOLO.

Pare che la paternità di certe teorie che hanno contribuito ad accelerare questo senso cosmico di solitudine sia da attribuirsi al Kierkegaard. Egli che poneva « l’anima umana di fronte a Dio in una solitudine assoluta ».

La letteratura moderna ha fatto suo questo enorme problema e le pagine più drammatiche (e anche le più significative) hanno come protagonista un certo tipo di uomo ESILIATO SPIRITUALMENTE.

L’uomo è uno straniero sulla terra (Camus) l’uomo è un assurdo vivente (Sartre) la vita diventata un mestiere (Pavese) disperazione, nausea, noia, non senso (Wline – Moravia – Hemingway) non è possibile intenderci e comunicare (Ionesco) non è possibile una logica ( Beckett).

E questo non è che un piccolo elenco. Nei films ìl problema è stato portato all’attenzione di tutti in modo ancora più chiaro e spietato.

Questa sembra che sia la disperata diagnosi della nostra epoca.

A ben guardare l’uomo è sempre stato accerchiato dalla solitudine, anzi nella vita di ciascuno di noi ci sono dei momenti particolari nei quali la solitudine ci ingloba e ci divora e siamo salvi dalla distruzione solo perché la nostra natura automaticamente reagisce e si ribella al fallimento di noi stessi.

Addirittura nella mitologia potremmo trovare esempi nei quali l’uomo tenta di rompere la sua gigantesca solitudine con un atto clamoroso di rivolta.

L’uomo nasce per sua natura solitario?

Sembra di sì, per il semplice fatto che il mio io non comunica affatto con un altro io. La mia persona è chiusa in sé e nessuno potrà mai varcarne le soglie.

D’altra parte l’uomo ha una sete affannosa di cercare un ALTRO fuori di sé con cui entrare in comunione. A cosa serve la parola se non a tentare questa uscita da sé per andare verso un altro? e i sensi, non ci sono stati dati per lo stesso motivo? Anzi, credo che tutto il mio essere sia potentemente attratto verso l’altro.

Spiegherei così: io nasco come EGO e come tale prendo coscienza di me. Ma mentre prendo coscienza di me sento che io esisto solo in quanto sono attaccato, legato ad una rete di altri ego. Cioè il mio ego esiste perché atri ego mi circondano e mi sostengono, iI mio esiste a causa e funzione di molti ALTER.

Sono solo e solo resto e la disperazione diventa la mia legge se non capisco o non riesco ad uscire dal mio ego e ad arrivare ad un alter. Ma se è così semplice perché non ci riesco? perché il suicidio spirituale, la rinuncia e l’abbandono sono così frequenti? Perché la società è così amorfa e immobilista? Problema gravido di motivi questo della solitudine, problema fondamentale della nostra epoca e probabilmente della nostra gioventù.

Marvi Maroni

 

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