Forza, noi siamo così.

Autrice: Serena De Luce

In un articolo della testata IL BROGLIACCIO” del 1968 sotto riportato, si promuoveva il riconoscimento della maggiore età da 21 anni a 18 anni.

In esso si motivava la necessità di questo avanzamento nella considerazione che i ragazzi di quel periodo non dovevano essere identificati nei capelloni”, scapestrati, sfasati”, che venivano denominati beat”. Mentre riconosceva ai giovani, studenti, impiegati e operai un grande dinamismo e una grande forza di volontà, volta all’impegno e alla lotta quotidiana per la costruzione di un futuro migliore.

Oggi?

Ultimamente si è parlato molto dei giovani e dei loro comportamenti irruenti,indisciplinati e senza educazione, ma il problema non sono loro, bensì le loro famiglie e le istituzioni che dovrebbero educarli, ma si scontrano con difficoltà comunicative.

La generazione del 2000 è vista dalla parte più adulta della società come un agglomerato informe di persone allo sbando,senza obbiettivi e aspirazioni, definitibamboccioni” oppure con il termine più elegante ma non meno offensivo choosy”.

Il paragone con i termini con i quali i matusa”definivano i beats” non è molto lontano; anche loro,giudicati sulla base dell’apparenza e dell’aspetto,sembravano apatici e svogliati, aggettivi che vengono attribuiti spesso anche alla gioventù dei nostri tempi.

Definizioni che non vengono solo dalla grande massa, ma da persone che rivestono cariche autorevoli e per questo dovrebbero misurare meglio l’impatto sociale dei loro interventi, anche perché quello che dicono è palesemente falso.

Il problema del rapporto tra la nuova generazione e gli adulti non sta nell’indisciplina, ma nella società che tende a discriminarli. I giovani, come è giusto che sia, hanno una mentalità spensierata e NON Eì CAMBIATO NULLA.

Nessuno può giudicarli per questo. Oggi come allora essi si scontrano con l’autoritarismo ed il formalismo della società, con una realtà dominata dagli anziani, che con assurde leggi e comportamenti egoistici li hanno privati delle fonti per la serenità per il futuro. Loro sono stati derubati della speranza, non hanno prospettive di lavoro perché il blocco del ricambio occupazionale ha moltiplicato la disoccupazione a favore del risparmio economico, che però si era reso necessario proprio in conseguenza di un grande sperpero di denaro pubblico senza alcuna valutazione di impatto sociale.

Malgrado tutto ciò non demordono, combattono, indirizzando la loro battaglia per una migliore formazione, per una scuola che apra loro prospettive e non li lanci nel mondo disarmati e privi di esperienze; si attivano per un mondo del lavoro che non li opprima, che restituisca loro i diritti soppressi con la scusante della contingente crisi economica e stringono i loro sogni, i loro desideri contro tutta questa società che li vuole remissivi e obbedienti.

 

 

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