Autrice: Norma Gradara (Vice Direttrice de “Il Brogliaccio”).
Il periodo trascorso al Movimento Studenti e al Brogliaccio ha coinciso con il mio triennio di
Scuola Superiore e ha caratterizzato il mio passaggio dall’adolescenza alla giovinezza, il mio
schiudermi al mondo, al sociale, iniziare ad avere una collocazione e attraverso questa cercare una
definizione di me stessa, un percorso inverso di come logicamente dovrebbe avvenire, ma da
adolescente non è così facile sapere chi sei e cosa vuoi. Dal 1965 al 1968, anni di fuoco e di
sconvolgimenti sociali importanti, anni che hanno segnato la Storia, quella con la S maiuscola di cui
non ero affatto cosciente, come credo gran parte dei miei coetanei, a riprova che ciascuno nel vivere
il proprio quotidiano raramente si rende conto di essere parte di qualcosa molto più grande di lui, di
qualcosa che lo trascende ma di cui è protagonista anche se solo di una parte infinitesimale.
Ricordo chiaramente il mio primo incontro con il gruppo Movimento Studenti/Redazione del
Brogliaccio nella saletta sopra la chiesa di San Biagio, al centro del tavolo quel prete ossuto e
magro, perennemente con gli occhiali scuri, veniva dal nord, un prete operaio si diceva, uno dei così
detti “preti rossi”. Non so chi mi avesse invitato, mi sentivo un po’ intimorita, quei ragazzi
parlavano di cose che non conoscevo molto bene, con un linguaggio che non mi era familiare ma da
subito mi sono resa conto che lì respiravo un’aria diversa e questo mi piaceva. E poi quel prete mi
affascinava, così lontano da tutti quelli che avevo conosciuto, non era mellifluo e neppure
autoritario, loquace ma non parolaio, esprimeva una spiritualità che si rivolgeva al mondo con la
comunicazione e il confronto delle idee, con le azioni espressione di una sensibilità attenta ai
bisogni che emergevano, determinato ed essenziale non badava alla forma ma alla sostanza o
meglio dava sostanza alla forma come quando nella chiesetta di legno di San Paolo ci spiegò ogni
passaggio della S. Messa, facendoci contattare il significato profondo di ogni singolo gesto e uscire
così da quella ritualità anonima, ripetitiva che mi stava stretta e non mi dava nulla.
Cercare l’autenticità, la coerenza, la testimonianza, rompere con l’ipocrisia, l’appiattimento nel senso
comune, le apparenze, uscire da quel magma informe in cui non volevo riconoscermi, essere
protagonista di qualcosa di vero, erano le carte che mi trovavo in mano per giocare la mia partita.
Era questo lo spirito che mi animava quando portavo Il Brogliaccio a scuola per venderlo ai
compagni e ai professori, partecipavo alle riunioni di redazione e contemporaneamente agli incontri
di Revisione di Vita in cui si rifletteva su di sé, su ciò che ci accadeva confrontandoci e
ascoltandoci, quando scrivevo alcuni articoli o battevo a macchina quelli degli altri, quando
partecipavo alla Messa a Santa Maria della Piazza con tutto il gruppo coinvolti e animati da quel
soffio rivoluzionario che fu il Concilio Vaticano II.
Un elefante che ha partorito un topolino? Forse, ma per me sono state tappe concrete che hanno
iniziato a modellarmi dentro, per l’esattezza a gettare le fondamenta di ciò che avrei costruito in
futuro. Allora la politica, intesa come schieramento in un partito o in un’area era ancora lontana,
arriverà solo diversi anni più tardi quasi come logica conseguenza di tutto ciò che avevo vissuto e
sperimentato con i ragazzi e le ragazze del Brogliaccio. La voglia, l’entusiasmo di confrontarci con
temi più grandi di noi ma su cui volevamo dire la nostra: l’apertura dell’università a livello locale
per favorire il diritto allo studio, i grandi miti internazionali come i Beatles o Che Guevara, il
cambiamento dei costumi, delle relazioni di potere in seno alla scuola, alla famiglia preludio di
quello che sarebbe diventato lo slogan “la fantasia al potere”, una piccola, grande ingenuità
attraverso cui però è passata quell’onda inarrestabile che ha impresso un’altra direzione alla
corrente; la passione per i grandi ideali che abbiamo tentato di tradurre in azioni concrete come il
primo Centro Scambi libri usati, la vita comunitaria e soprattutto Il Brogliaccio, il quasi mensile che
in quegli anni, dal ’65 al ’68, ebbe la sua massima diffusione in tutte le scuole superiori di Ancona.
Non eravamo la meglio gioventù, ma abbiamo fatto del nostro meglio.
“Formidabili quegli anni” così li ha chiamati Vecchioni in una sua recente canzone. Lo sono stati
per una intera generazione, dopo quegli anni la società non è più stata la stessa, grandi cambiamenti
erano alle porte e si sono realizzati pagando anche prezzi molto alti, ma la rottura che volevamo con
il passato si è realizzata, quello che abbiamo è un mondo nuovo anche se non esattamente come lo
avevamo sognato, ma questo per me non è sinonimo di fallimento, abbiamo fatto la nostra parte
compresi gli errori e le illusioni senza le quali non ci sarebbe stata forse nessuna partenza. Io mi
ritengo fortunata o meglio penso che l’esistenza mi abbia fatto un grande dono permettendomi di
vivere quei “formidabili anni” in seno al Movimento Studenti e al Brogliaccio senza i quali oggi
non sarei quella che sono. Grazie.