Due ricordi.

Autore: Renata Mambelli (Redattrice de “Il Brogliaccio”).

Nel ’68 frequentavo l’ultimo anno del liceo classico. Il Rinaldini a quell’epoca era un sonnolento liceo di provincia, appesantito dalla direzione del preside Natalucci, clericale e senza grilli per la testa di natura democratica o partecipativa. I programmi di storia e letteratura arrivavano faticosamente all’inizio del ‘900, tutto il resto era inaffidabile modernismo. Ero estremamente insofferente di tutto ciò. Passavo le ore più in corridoio che in classe. Per dirla tutta mi annoiavo a morte.
Fuori dal liceo invece c’erano stimoli interessanti, gruppi, associazioni, circoli culturali. Niente a che vedere comunque con quello che stava bollendo in pentola nelle università italiane. Il ’68 ci prese alla sprovvista e me lo ricordo come un periodo in cui, faticosamente, noi studenti anconetani abbiamo provato a metterci al passo con i tempi, senza capire granché e con un certo sforzo. Annusavamo un’aria nuova e cercavamo di capire che novità viaggiava sulle ali di quell’aria. Ma il ’68 era qualche cosa che veniva da fuori, che ci sfuggiva, che ci portava ad atteggiamenti che non sentivamo nostri.

Ho due ricordi legati al ’68 e sono entrambi ricordi di disagio. Uno è quello della prima manifestazione alla quale ho partecipato, prima di molte. C’è stato un periodo della mia vita, intorno agli anni ’70, che andare ad una manifestazione era la normalità. Ma la prima volta fu nel ’68 e la manifestazione era contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, un paese che nel frattempo è scomparso, così come l’Unione Sovietica. Era la prima volta per quasi tutti gli studenti anconetani. Si sfilava per il Viale e già questo la dice lunga sulla eccezionalità di quel corteo. Un corteo silenzioso, perché nessuno aveva previsto slogan da gridare. Qualcuno era venuto col cane al guinzaglio. Molti passeggiavano ai lati del corteo, come se avessero paura di farsi coinvolgere.
Mi ricordo che ero imbarazzatissima, e già camminare in mezzo ad una folla mi metteva a disagio. Poi, passato il primo momento, ho cominciato a concentrarmi sul perché fossi lì, sul fatto che in quel momento molti altri studenti stavano manifestando in tutto il mondo ed è andata un po’ meglio. È stato l’unico corteo al quale ho partecipato ad Ancona, poi sono andata a Bologna e lì di manifestazioni ne ho viste e fatte diverse.
Il secondo ricordo è una delle prime assemblee del liceo Rinaldini. Non avevamo l’aula magna, al massimo ci riunivamo in palestra, ma quella assemblea doveva proprio essere una delle prime ed era in una classe. C’erano, sul fondo, anche alcuni insegnanti, tra gli altri il professore di filosofia, Conte. Subito un gruppetto prese il controllo dell’assemblea, dichiarando cosa eravamo lì a fare, perché, e perfino come dovevamo decidere. Erano tutti maschi, tutti molto sicuri, aggressivi e sprezzanti. Mi arrabbiai moltissimo, anche perché sembravo essere l’unica a trovare strano quel metodo, e presi la parola per contestarlo, chiesi loro chi gli aveva dato l’autorità di dirigere l’assemblea. Si scatenò l’inferno e dopo un po’ me ne dovetti andare. Il giorno dopo il professor Conti mi disse che avevo lottato per il principio di rappresentanza e la democrazia, anche se non me ne ero accorta, e che ero finita in minoranza. Di quello sicuramente me n’ero accorta.

 

 

 

Inserisci un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Required fields are marked *

*


Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi